... non sono parolacce nè tantomeno delizione ricette nipponiche (1000 punti a chi coglie la sottilissima... freddura).
Senpai, parola che molti di voi conosceranno, indica una persona più esperta e/o anziana di noi, che sia a scuola, al lavoro, in una squadra sportiva o altri ambiti della vita quotidiana.
Shuushoku Katsudou, è il corrispettivo di "attività di ricerca del lavoro", si spiega da sé.
Queste due paroline magiche creano in me un misto di paura, felicità, ansia, tristezza, fierezza e tanti altri sentimenti controversi quanti ve ne possano venire in mente.
Mi scuso anticipatamente se questo post risulterà poco chiaro o poco leggibile, cercherò di essere più ordinata possibile e non riversare ogni mio dubbio a caso su questa pagina. Le questioni sono due: si tratta per me di un argomento molto delicato (e se posso permettermi, lo è per molti "expat" o, per usare parole scomode "immigrati" in altri paesi*) e.. non so più formulare frasi sensate in italiano, cosa che fa un po' ridere ma tant'è.
Partiamo da quanto un mio caro amico mi ha detto al mio rientro in Italia a Natale del 2016:
lui(al temine di un discorso su lavoro e estero): "... tu hai avuto il coraggio di prendere e partire!"
io (dubbiosa): "Ma quale coraggio, il mio non è coraggio, è stato un buttarmi fuori da una situazione lavorativa che mi rendeva felice a metà!"
E continuiamo con quanto proferito dal mio ragazzo pochi mesi fa a Natale 2017:
lui: "Ila, non capisco, una famiglia stupenda, amici carissimi, perchè hai deciso di venire in Giappone?"
io:"Non lo so, dento di me mancava qualcosa, ero soddisfatta dalla mia situazione ma non felice..."
Io sono venuta in Giappone per studiare giapponese e prendermi la dannata Laurea triennale che ho sospeso a tre esami dalla tesi. Questo mio errore e fonte per me di vergogna e coraggio. Vergogna, perchè a suo tempo non ho saputo affrontare un ostacolo che era a dire il vero, non così grande come sembrava. Coraggio, perchè ora so che le cose lasciate a metà restano nel tempo e possono essere logoranti, se non ci impari a convivere. Il tempo passa e la paura di deludere altre persone aumenta. Io con la mia vergogna ho imparato a convivere, anzi no, a lottare. Per una serie di motivi burocratici laurearsi "a distanza", vivendo in Giappone e rientrando solo per le sessioni esami, è al momento complicato. Tante cose sono cambiate da quando frequentavo attivamente i corsi all' Università, addirittura la facoltà sotto cui il corso che frequentavo era attivato, gli esami sono stati splittati, il professore responsabile del corso è solo uno e giustamente deve dividersi per tutti gli studenti. Avrei dovuto laurearmi a suo tempo e non l'ho fatto, ho alzato la voce perchè avevo paura e poi ho fatto una promessa che non dimenticherò mai. E' solo un pezzo di carta? Per alcuni sì, per me no. Mi aiuterà lavorativamente? Probabilmente, ma anche non lo facesse, questa laurea è una porta da chiudere. Ed il professore responsabile del corso, con cui ho parlato a dicembre scorso, duro ma disponibile, conferma.
Da giovani si fanno errori, questo è stato il mio. Ma il mio errore mi ha portato in Giappone; se mi fossi laureata, oggi dove sarei?
Domanda che non può avere risposta ma ora sono qui e ricordo benissimo perchè ci sono venuta. E' il pensiero fisso che mi insegue ogni giorno.
Dovevo stare qui 9mesi, ad oggi sono 2 anni e quasi due mesi. A seconda di come lo si conta, il tempo sembra avere valenze differenti. A volte sembra lunghissimo, a volte per nulla. In ogni caso, vola.
Bene, detto questo, il "coming out" era solo l'introduzione all'argomento...
Le scuole giapponesi organizzano per gli studenti dell'ultimo anno seminari, corsi di orientamento, fiere, sedute di pratica al colloquio, corsi di scrittura del curriculum (da scriversi rigorosamente A MANO) e chi più ne ha più ne metta, per far sì che il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro avvenga nel modo più semplice, "smooth" (liscio, "armonioso"), possibile. E se tanto mi dà tanto, io ad aprile diventerò una studentessa del secondo -ovvero, ultimo- anno.
E così ora mi ritrovo in vacanza (il nuovo anno inizia al 9 aprile) non vacanza (ogni giorno c' è un evento legato alla ricerca del lavoro e sono quasi sempre a scuola). Cosa vorrei fare "da grande"? Lavorare nel mondo del turismo, portare le persone alla ricerca di nuovi posti ed esperienze ed organizzare eventi. E, riuscendo, vorrei fare la guida turistica anche in Italia; bella patata bollente, vista la situazione attuale del settore. 6 mesi in Italia e 6 mesi in Giappone all'anno, sarebbe il massimo.
Ho deciso di avere questa stretta preferenza lavorativa perchè malgrado qui il lavoro abbondi, non mi dispiacerebbe tornare in Italia; al contrario, penso che avrei più problemi a reggere botta nel caso mi dicessero qui "sei assunta". Gioia e dolore, significherebbe essere in un sogno, ma chi lo dice ai miei? A mia sorella? Ai miei zii? E gli amici, cosa penseranno?
Ecco, forse ora capisco le parole del mio amico: il "coraggio", ce ne vuole tanto; i pensieri lottano tra il sentirsi egoisti e la paura di futuri rimpianti. Rimpianti che poi in ogni caso ci saranno...
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi:
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade
Come tra nebbia lampi.
-All'Italia, G. Leopardi-
Parlando con mia mamma di questa benedetta "shuushoku katsudou" a Natale scorso, la risposta è stata: "provaci, vedi, valuta, ...", ma negli occhi la paura della distanza. E le mie parole sommesse, piene di vergogna: perchè mi sento una traditrice nei confronti di chi ha fatto sì che potessi diventare quella che sono.
In questi giorni ho chiesto ai miei amici cosa farebbero se ricevessero l' Offerta di Lavoro tagliata su misura per loro, perfetta ma.... dovessero andare dall'altra parte del mondo. C'è chi non esiterebbe ad accettare, chi ci penserebbe un attimo... e chi invece è già tornato in Italia. Poi un gruppo di amici italiani qui ad Osaka ti presenta una torinese che ha una decade più di te e come te non sa perchè rimane attaccata a questo paese (da quattro anni). Giappone, gioie e dolori, odi et amo...
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
-I fiumi, G. Ungaretti-
Il mio ragazzo, lui dice che non avrebbe problemi a trasferirsi in Italia. Da quando sono qui, più vengo a contatto con la realtà giapponese, più ho come l'impressione che culturalmente riescano ad essere più distaccati dalle cose e dagli avvenimenti rispetto a noi italiani (occidentali).
"Diplomati e andiamo in Italia...!" ma io ho come l'impressione che il Giappone è ora o mai più. Ci sono le Olimpiadi di Tokyo, oramai dietro l'angolo, l' expo universale a cui Osaka è candidata, il G20 del prossimo anno, ... . Coltivo un po' di esperienza lavorativa e torno al Bel Paese, che di lati negativi ne avrà pure tanti, ma nè più nè meno della restante fetta di mondo.
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell'avere nuovi occhi.
-MarcelProust-
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*"immigrato" pare essere una parola molto scomoda in Italia come all'estero. L'argomento è delicatissimo, ma quando voi, voi che conoscete persone attualmente residenti all'estero, portate in causa l'argomento, ricordatevi che i vostri amici sono "immigrati" agli occhi di qualcuno, e per questo potreste ferirli.